McDonald’s il franchising cresce

mcdonaldsLa recessione globale si fa sentire e i bilanci delle aziende, grandi e piccole, tendono sempre di più verso il rosso. Eppure c’è una compagnia, un marchio simbolo della globalizzazione, che a gennaio 2009 ha incrementato le proprie vendite del 7,1% in Europa e del 5,4% negli Usa. Stiamo parlando di McDonald’s: B2B24.it ha approfondito la situazione della compagnia nel mercato italiano con Marco Ferrero, Marketing e Communication Manager di McDonald’s Italia. 

La crisi economica è diffusa, eppure i numeri che arrivano da Europa e Stati Uniti sembrano per voi molti positivi. Anche McDonald’s Italia è interessata da questo trend? 
Fortunatamente anche noi stiamo vivendo un momento molto positivo. Negli ultimi 14 mesi (gennaio 2008-febbraio 2009) la nostra crescita sulle vendite comparabili, ovvero sui locali aperti da almeno 1 anno, è stata superiore al 6%. Se consideriamo invece anche le nuove aperture, abbiamo aumentato il fatturato del 12%. In particolare nel periodo gennaio-febbraio 2009 l’incremento comparabile è stato del 6,1%: il dato deriva da un ottimo andamento delle vendite di gennaio, in cui siamo cresciuti di oltre 14 punti, grazie anche a un calendario favorevole. A febbraio siamo riusciti a conservare il segno positivo, nonostante la giornata in meno rispetto al 2008. Voglio però sottolineare come questa nostra crescita duri ormai stabilmente da sei anni e ci sia nonostante la crisi e non grazie ad essa. 

Dunque la tesi riportata in questi giorni dai mass media, ovvero che il vostro successo dipenda dal fatto che in tempi di crisi le persone scelgano McDonald’s per risparmiare, è una spiegazione troppo semplicistica?
 È assolutamente riduttiva, anche perché in realtà stiamo assistendo a un fenomeno molto diverso. È vero che stiamo beneficiando della visita di qualche consumatore che magari rinuncia a pasti più dispendiosi, ma ci sono anche famiglie che hanno diradato le loro visite nei nostri locali. In realtà poi non stiamo assistendo a un’esplosione degli articoli entry level, di primo prezzo, quanto piuttosto a una crescita dei prodotti a maggior valore aggiunto. 

Quali sono allora le ragioni dei vostri buoni numeri? 
Ci sono diverse motivazioni: la nostra piattaforma entry level, dove abbiamo in catalogo sei prodotti in vendita a un euro, vede ormai i prezzi immutati da 16 mesi. Nel mese di aprile andremo a rinforzare questa fascia con l’inserimento di un nuovo prodotto. Il consumatore riconosce questo nostro sforzo e per questo motivo ci sta premiando. A questo impegno si va ad affiancare un’offerta mirata alle famiglie che è la più competitiva sul mercato: dal novembre 2007 non abbiamo più mosso i prezzi, e non li innalzeremo per tutto il 2009. La nostra idea è però quella di differenziare l’offerta McDonald’s, proponendo anche delle referenze a valore aggiunto, in particolare prodotti premium che puntino sui sapori locali. Vogliamo attirare un target sempre più ampio, con un potere di spesa importante. In questa direzione va la nostra iniziativa dei McCafè. 

Negli ultimi anni avete puntato molto su questo format. Qual è stata la risposta del pubblico italiano? 
La risposta è stata positiva. Nel 2008 abbiamo raggiunto i 3 milioni di clienti nei McCafè, per un totale di 72 punti vendita sul territorio nazionale, mentre nel 2009 abbiamo in programma di aprirne complessivamente una trentina. Si tratta di un format che ci sta portando un fatturato aggiuntivo e clienti che altrimenti non sarebbero mai entrati da noi e che, soprattutto, ci consente di dare una bella rinfrescata alla nostra immagine. Il McCafè invita infatti a un consumo più lento e ci permette di andare oltre lo stereotipo di fast food, di locale mordi e fuggi dalla bassa qualità di offerta. Vogliamo diventare un ristorante a tutti gli effetti o, meglio, un casual restaurant e per questo stiamo rimodellando il concetto di locale McDonald’s a 360 gradi. 

Eppure Starbucks, la più nota catena internazionale di caffetterie, non sta vivendo un momento felice e ha chiuso diversi locali negli Stati Uniti. 
Starbucks ha un modello di business completamente differente rispetto al nostro. Noi non abbiamo concepito il McCafè come un locale che deve vivere di vita propria, ma al contrario si tratta di un concept pensato per essere sempre inserito all’interno dei locali Mc Donald’s. Con il McCafè, all’interno di ristoranti di cui già sosteniamo i costi, riusciamo a lavorare su fasce orarie in cui i locali non sono presidiati al 100% in termini di pubblico, e questo ci consente anche di sfruttare delle economie di scala. La nostra offerta di prodotto poi, ovviamente, è locale: non caffè all’americana ma espresso italiano. 

Avete intenzione di aprire nuovi punti di vendita nel 2009 in Italia? Che importanza ha per voi la formula del franchising? 
I nuovi locali saranno 30, e andremo così a superare la soglia dei 400 ristoranti sul territorio nazionale. In termini di fatturato nel 2009 toccheremo quota 840 milioni di euro, con una crescita del 5-6% in termini di vendite comparabili. Per quanto riguarda il franchising, circa l’80% dei nostri locali sono gestiti con questa formula, mentre 73 sono condotti direttamente dalla compagnia. I nostri licenziatari (129 in tutta Italia) generalmente gestiscono più di un ristorante. Posso dire che oggi siamo assolutamente convinti del valore aggiunto che il licenziatario ci può fornire, come ad esempio nella scelta dello specifico layout del singolo locale. Sono ormai passati i tempi in cui McDonald’s decideva come e dove aprire un ristorante e poi, poche settimane prima dell’inaugurazione, ne consegnava le chiavi al licenziatario. 

In questi anni avete puntato anche sui prodotti gastronomici nazionali, come dimostra l’accordo con il Consorzio del parmigiano reggiano, che pure ha suscitato le polemiche dei “puristi” della cucina nazionale. Avete intenzione di proseguire su questa strada, magari attraverso intese simili con altri produttori? 
La risposta è assolutamente sì. Noi siamo del tutto soddisfatti di questa operazione e devo dire che lo è stato anche il Consorzio del parmigiano reggiano, tanto che ha esteso la validità dell’accordo anche ad alcuni paesi esteri, come Francia e Spagna. Si tratta di un motivo d’orgoglio per noi, ma soprattutto dal punto di vista delle vendite questa operazione è stata un successo: abbiamo venduto 3,5 milioni di panini, comprato merce per oltre 1 milione di euro e questi volumi saranno più che doppiati nei prossimi mesi dai nostri “cugini” d’oltralpe. Qualcuno in Italia ha storto il naso di fronte a questo accordo, ma noi lasciamo le polemiche a chi ama farle: non crediamo davvero che si possa valutare in maniera negativa una partnership come questa, che ha portato vantaggi a tutto il sistema in un momento economicamente non semplice. Abbiamo anche avviato un’altra operazione simile con il Consorzio dello Speck dell’Alto Adige con grandissima soddisfazione. Siamo poi stati contattati da altri fornitori che vorrebbero affiancarsi al marchio McDonald’s, e da parte nostra c’è la volontà e la disponibilità ad avviare nuove partnership. 

Che rapporto avete con il mondo di Internet? Considerate il Web un canale importante per i vostri investimenti pubblicitari? 
In futuro spero che il Web diventi un nostro territorio d’elezione, per adesso ci stiamo muovendo con cautela. Attualmente oltre l’85% del budget di McDonald’s Italia è destinato al piccolo schermo, però stiamo cercando di evolverci rapidamente. I nostri investimenti sul Web ammontano al 2%, ma entro la fine dell’anno l’incidenza sarà almeno doppia e abbiamo anche sperimentato delle iniziative di viral marketing. Oggi infatti non può esistere un’attività di comunicazione e di prodotto che non abbia un supporto su Internet.

da il sole 24ore   Gianluigi Torchiani