Il franchising trova l’America in Italia


eataly_franchisingIl franchising trova l’America in Italia cresce, assume e ora sbarca all’estero
A DISPETTO DELLA CRISI NEL 2013 CI SONO STATE 732 NUOVE APERTURE E 3.600 NUOVI POSTI. QUEST’ANNO SARANNO 4 MILA. UN AFFILIATO SU 4 HA MENO DI 35 ANNI E SU 939 RETI ATTIVE NELLA PENISOLA BEN 834 SONO ITALIANE. SERVIZI E RISTORAZIONE I PIÙ DIFFUSI

Milano C’ era una volta solo (o quasi) McDonalds. Era il 1985 quando il colosso del fast food a basso costo sbarcava in Italia con il suo esercito di punti vendita in franchising spaventando a morte ristoratori e dettaglianti. A trent’anni di distanza, e in mezzo a una crisi dei consumi che ci ha fatto precipitare – lo dice l’Istat- indietro di due lustri, quello strano modello (a filiera) di fare affari nel mondo del commercio è diventato uno degli assi portanti del Made in Italy. Tanto che su 939 reti in franchising attive, 834 sono italiane. E quella ristorazione che si sentiva minacciata dagli hamburger americani oggi valica i confini con oltre 7000 punti vendita, organizzati da 149 reti d’impresa, che negli ultimi dodici mesi risultano in aumento del 10,4%. Non solo. Quest’anno, secondo le stime dell’osservatorio di Confimprese, associazione delle imprese del commercio, sono previsti 726 nuovi punti vendita sia di proprietà sia in affiliazione per un totale di 4.167 nuovi posti di lavoro. Certo, la grande corsa del franchising, oggi, procede al rallentatore rispetto al passato. Ma a fronte del brusco stop dei consumi, il settore continua a tenere. E seppur di poco, anche a svilupparsi. Basti pensare alla carne alla griglia, che quest’anno vale 400 posti di lavoro. Sono infatti 20 le nuove aperture di Roadhouse Grill, il brand del gruppo Cremonini, 65 milioni di fatturato, oltre 50 locali in tutta Italia e 1000 collaboratori. Per chi preferisce un’alimentazione natuale ci sono 400 punti
vendita Eccor-NaturaSì, il brand del biologico che ha in cantiere altri 15 negozi e che viaggia su oltre 200 milioni di ricavi. E se il mercato del mattone in Italia fatica, Frimm espande le sue agenzie immobiliari in Russia e in Florida. E non è l’unico esempio. Rosso Pomodoro, la catena di pizzerie, ha in cantiere 15 aperture, di cui 4 all’estero. Nell’abbigliamento il gruppo Pianoforte Holding, che comprende Yamamay per l’intimo, Carpisa per la valigeria e Jacket per l’abbigliamento sportivo tecnico, aprirà un totale di 80 nuovi negozi, mentre Camomilla Italia (200 punti vendita di cui 110 in franchising), ha in programma 11 aperture. Il comun denominatore di queste iniziative è l’insegna condivisa, il nuovo antidoto – almeno nel mondo del commercio – alla crisi dei consumi. Negli ultimi cinque anni il settore ha ingranato una marcia, seppur moderata, di sviluppo costante: in crescita del 5,5% nel giro d’affari e del 4,6% nel numero di occupati, secondo l’osservatorio di Assofranchising, associazione di categoria aderente a Confcommercio. In Italia, oggi, i punti vendita in rete sono oltre 51 mila, gli addetti 187.000, le insegne 938 e il fatturato generato supera quota 23 miliardi di euro (in aumento dell’1% tra 2012 e 2013). «Il franchising – dice Mario Resca, presidente di Confimprese, che, nelle vesti di amministratore delegato, tra il 1995 e il 2007, ha sviluppato la rete di McDonalds in Italia – permette alle nostre imprese di fare quadrato attorno alla forza del brand e di sfruttare nel modo ottimale i vantaggi della catena, come l’orario continuato, l’apertura domenicale e tutte le innovazioni messe a disposizione dal marchio del franchisor ». Anche la soglia d’ingresso al business del franchising si è abbassata. «Per una gelateria servono circa 40 mila euro mentre per altri business si viaggia intorno a 200-300 mila euro. E il tutto comprende la formazione, minori costi delle materie prime, grazie alle economie di scala generate dalla rete, e strategie comuni di sviluppo». E infatti si registrano risultati positivi per quasi tutti i segmenti di mercato, tranne per quello delle agenzie immobiliari, che hanno subito il contraccolpo della crisi del mattone. La performance nel 2013 del settore delle agenzie per le compravendite e locazioni hanno subito una perdita di fatturato di 120 milioni di euro. I fatturati maggiori, in crescita o stabili, sono registrati dalle reti alimentari (oltre 7 miliardi di euro, in crescita dell’1%), a seguire c’è il settore dei prodotti e servizi specialistici (2 miliardi), abbigliamento uomo-donna, ristorazione rapida, intimo e agenzie di viaggio. Agli ultimi posti gli alberghi (78 milioni e mezzo di euro) e le ludoteche ( quasi 76 milioni euro). Il primato dei negozi in franchising spetta alla Lombardia con 8.509 punti vendita, seguita da Lazio, 6.208 e Piemonte 4.296. E’ il settore dei servizi che attira più di tutti gli imprenditori del franchising con i suoi 24.349 punti vendita nel 2013, rappresentando il 47,6% del totale, davanti al comparto dei negozi di articoli alla persona che nel 2013, rispetto all’anno precedente, si sono arricchiti di 300 punti vendita passando a 12.585 unità. «L’aspetto più interessante – secondo Graziano Fiorelli, presidente di Assofranchising – Confcommercio – è l’alto numero di giovani che è entrato in questo settore. Basti pensare che il 26% dei punti vendita è gestito da imprenditori con un’età compresa tra 25 e 35 anni. Il che sta a significare che le insegne del franchising riescono a essere attrattive per quella generazione che più di tutti sconta la crisi economica. Inoltre il 38% del totale sono donne». Le prospettive per un ulteriore sviluppo non mancano. Infatti, il tasso di penetrazione del franchising è ancora basso rispetto alla diffusione che ha avuto negli Stati Uniti o in Giappone: in Italia il rapporto tra punti vendita e popolazione è di uno su 1.183 contro uno su 407 degli Usa o 500 del paese nipponico. In Europa invece la Penisola si colloca tra i paesi più dinamici, davanti alla Gran Bretagna ma indietro, seppur di poco, a Francia e Germania. «In Italia ci sono 750 mila negozi – dice Graziano Fiorelli – la stragrande maggioranza è gestita da imprenditori indipendenti, di quelli infatti solo 50 mila, il 6,8%, sono in franchising. In un mercato difficile come quello attuale dove i consumi calano e la competizione è sempre più forte, gareggiare da soli è ancora più difficile. Le insegne dei franchisor assicurano invece innovazione costante di prodotto e di processi». Per Fiorelli il futuro delle vendite al dettaglio sta nella multicanalità. «Ormai chi opera nel retail deve integrare tutte le piattaforme di avvicinamento del cliente. Non ha senso dire che l’ecommerce o i distributori automatici domineranno su tutto. Al contrario i punti vendita competitivi saranno quelli che offriranno maggior servizi e su più canali ai consumatori». 1 2 3 I MARCHI PIÙ NOTI Nelle foto, una pizzeria Rosso Pomodoro, un supermercato Naturasì e una gioielleria Stroili. Ma si affidano al franchising anche Yamamay, Carpisa e le bisteccherie di Roadhouse

 

Christian Benna da repubblica.it

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